API-Bas, per sindacati confederali è una scatola vuota

In merito al recente via libera da parte della prima e della terza commissione permanente del Consiglio regionale al disegno di legge che istituisce, tra l’altro, la società denominata Aree Produttive Industriali Basilicata Spa, i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil di Basilicata, Angelo Summa, Enrico Gambardella e Vincenzo Tortorelli hanno rilasciato la seguente dichiarazione congiunta.

“Il via libera dato dalla prima e dalla terza commissione consiliare al ddl della giunta regionale che istituisce la società Aree Produttive Industriali Basilicata Spa, con la contestuale messa in liquidazione del Consorzio per lo sviluppo industriale della provincia di Potenza, è una decisione non condivisibile poiché introduce nell’ordinamento qualcosa di veramente inedito nel panorama nazionale, ovvero la privatizzazione di un fondamentale asset pubblico. Non c’è infatti regione in Italia in cui la governance politica delle aree industriali sia affidata a soggetti di diritto privato, seppure a partecipazione pubblica. Al contrario, la programmazione e il controllo restano saldamente in capo al pubblico, così come, del resto, recita una precisa norma dello Stato.

Non si comprende, dunque, la ratio della decisione assunta dalla giunta regionale e avallata dal Consiglio di costituire l’ennesima società a capitale pubblico che rischia, senza una chiara strategia, di rilevarsi l’ennesima scatola vuota. Il ddl infatti si limita a costituire lo scheletro di una società, con i suoi organi di gestione, ma non trasferisce i beni del Consorzio che resterebbero in capo al commissario liquidatore. Inoltre, il nuovo organismo peserebbe già per 5 milioni sul bilancio pubblico, di cui almeno un paio per il pagamento delle spettanze arretrate come il Tfr e almeno tre anni di premi di produttività non corrisposti agli attuali dipendenti del Consorzio che dovrebbero transitare nella nuova società.

Allo stesso tempo non si comprende se il personale in questione manterrà o meno lo status di dipendente pubblico, se ci saranno o meno pensionamenti anticipati e, soprattutto, che fine farà il personale della Giuzio Servizi che avanza varie mensilità e voci di salario aggiuntivo. Il disegno di legge si limita ad autorizzare la giunta regionale ad istituire la società ma nulla dice sulla sua mission e sul piano industriale, aspetti rimandati ad un futuro regolamento affidato al consiglio di amministrazione. Insomma, un’operazione che nasce in un contesto di opacità, le cui finalità non sono chiare e che, privatizzando una funzione pubblica, rischia di ipotecare le prospettive industriali della Basilicata, non comprendendo che il tessuto produttivo può crescere solo in presenza di servizi efficienti e dentro una cornice di politica industriale.

La storia della nostra regione è notoriamente lastricata di buone intenzioni ma anche di fantasiosi carrozzoni a capitale pubblico della cui utilità, a distanza di anni, è lecito dubitare. L’elenco sarebbe lungo e ci distoglierebbe dal focus della questione che è e resta la necessità di mettere a punto, con il concorso delle forze economiche e sociali, una strategia di politica industriale che disegni lo scenario competitivo delle nostre attività produttive nei prossimi dieci anni. La stessa Unione europea, con il piano Next Generation EU, ci sollecita a mettere in campo uno sforzo senza precedenti per programmare il futuro delle prossime generazioni mettendo in campo risorse ragguardevoli. L’impressione è che al cospetto di questa grande sfida la classe dirigente di questa regione brancoli nel buio, accampando al contempo un’autonomia politica che pare non essere in grado di esercitare con l’autorevolezza dettata dai tempi e dalle circostanze.

Ci si apra dunque al confronto con il sociale e con le imprese, con il mondo della ricerca e dell’innovazione per costruire un master plan sulla Basilicata del futuro. Si abbandoni anche l’approccio assistenzialistico che ha prodotto negli anni la polverizzazione delle risorse in una miriade di interventi di incentivazione delle attività produttive privi della necessaria massa critica. Oggi o si ragiona in termini di ecosistema economico o si è destinati a ripetere i medesimi errori del passato. Oggi una politica industriale per essere efficace deve adottare uno sguardo necessariamente multidimensionale poiché molteplici sono i fattori che incidono sulla competitività del sistema imprenditoriale: spazi attrezzati adeguatamente interconnessi con la rete infrastrutturale, un sistema formativo flessibile in grado di adattarsi alle specifiche esigenze delle imprese, una filiera della ricerca in grado di supportare le imprese nei processi di innovazione di prodotto e di processo, una pubblica amministrazione digitalizzata e processi autorizzativi snelli e rapidi.

Di questo vorremmo parlare con il presidente Bardi. Al contrario, perseverare in un paradigma che affronta i singoli problemi fuori dal contesto e da una chiara e precisa strategia di lungo periodo significa procrastinare la risoluzione dei problemi, continuare a scaricare sull’anello debole del sistema, ovvero i lavoratori, le inefficienze e le incapacità gestionali e perdere le occasioni, forse ultime e irripetibili, che la storia ci offre”.

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